Elezioni amministrative 2013 in Trentino

Elezioni amministrative 2013 in Trentino

sottotitolo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.”

Dopo aver visto alcuni video e le foto della festa di ieri sera del centro sinistra autonomista per la vittoria alle elezioni provinciali un pensiero mi frulla in testa: esultato più questi per delle elezioni delle elezioni che i tifosi dell’Inter dopo la mitica vittoria della Champions League del 2010. Solo che l’Inter non vinceva quella coppa da 45 anni, mentre quella coalizione è sempre lì dal 1998, da 15 anni e ci resteranno per almeno altri 5. Politica da stadio insomma.

Certo che la citazione di Tomasi di Lampedusa che ho usato come sottotitolo fa un po’ riflettere sulla situazione trentina, soprattutto visto il grande astensionismo di quest’ultima tornata elettorale, in una terra che si è sempre distinta tra le zone d’Italia più partecipi al voto. Grande astensionismo che colpisce ulteriormente dopo che, nel giro di soli otto mesi, ben 80mila trentini hanno preferito rimanere a casa piuttosto che spendere una decina di minuti per recarsi ai seggi e votare.

Probabilmente qualcosa si è inceppato nel rapporto tra istituzioni e cittadini. E non credo che la causa siano il pantano melmoso di Roma che i media ci propinano in tutte le sue forme a qualunque ora del giorno e della notte.

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#RECENSIONE // Baratter – L’Autonomia spiegata ai miei figli

Lorenzo Baratter
L’Autonomia spiegata ai miei figli

Premessa:
La ragione che mi ha spinto a leggere questo saggio è sostanzialmente politica.
Se c’è una cosa che proprio non digerisco è lo sfruttamento della Storia per meri fini politici: la riscrittura dei fatti o il metterne in evidenza solo alcuni nascondendone altri. E’ una cosa delle gravi conseguenze sociali, visto che il continuo martellamento mediatico di determinati messaggi può portare a cambiamenti di idee e delle identità con pericolose conseguenze: Hitler e il suo esempio devono rimanere come monito al riguardo!
Per cui, sapendo la vicinanza politica di Baratter a certi ambienti trentini ( il suo libro Storia dell’Asar è stato più e più volte presentato in compagnia del Patt), ho preso in mano L’Autonomia spiegata ai miei figli, più per il contenuto politico che questo potrebbe avere che per un reale interesse. Ma, come penso, bisogna pur sempre leggere i libri per poterne criticare il contenuto; criticare così, a spanne, solo in base a supposizioni non fa che creare un danno alla cultura. Anche perché può sempre accadere di rimanere sorpresi dal contenuto del testo e rivedere le proprie opinioni al riguardo, cosa che mi è capitata leggendo Terzani ed è quello che spero ogni volta che prendo in mano un libro di un autore, saggista e non, del quale diffido: la speranza di trovare un contenuto che mi sorprenda in positivo scacciando i pregiudizi.
Fatta questa premessa, che ritengo doverosa, posso iniziare con il commento al libro.
Recensione:
Sinceramente son rimasto sorpreso, in negativo, da questo libro, malgrado i pregiudizi sopra detti.
Fin dalle prime pagine (purtroppo sarebbe più corretto dire, dalla prima pagina!) emergono semplificazioni che tracimano in inesattezze. Apprezzo moltissimo l’idea di ricalcare Ben Jelloun e il suo bellissimo Il razzismo spiegato a mia figlia, ma lo scrittore marocchino non è mai superficiale nello scrivere, eppure il suo tema è molto più profondo e complicato da spiegare: il razzismo è più complicato dell’autonomia.
E, se il razzismo è un tema anche etico, oltre che politico, con l’autonomia tocchiamo prettamente temi politici: semplificare non fa che soffiare sul fuoco della disinformazione e spingere verso predeterminati lidi politici.
Il succo del libello è un percorso millenario del Trentino (identificato sempre come corpo unitario, ignorandone le singolarità e peculiarità dei vari luoghi) sempre avvolto dalla coperta aurea dell’autonomia; autonomia dipinta come affermazione delle libertà e della democrazia delle comunità medievali della provincia. Non si capisce bene la commistione libertà e democrazia in Carte che regolamentavano l’uso dei boschi e dei pascoli. Non si capisce neanche perché continua ad aleggiare nelle pagine l’idea di una storia del Trentino dove tutti si volevano bene, dove tutti aiutavano gli altri in nome dei principi cristiani, dove le scelte erano condivise sia dal popolo sia dai centri dominanti. Periodo idilliaco di pace e tranquillità che termina con la Prima guerra mondiale, guarda caso scatenata dall’Italia tramite un tradimento (il famoso tradimento dei patti della Triplice Alleanza, un palese falso storico perché fu l’Austria Ungheria per prima nel 1908-1909 in Bosnia a non rispettarli).
Ma da un culture della storia simili semplificazioni non si possono accettare, non si possono accettare da nessuno ad essere sinceri. I centri dominanti in Trentino erano molteplici (non c’era solo il Principe Vescovo) e questi non riconoscevano ma concedevano (facevano calare dall’alto per intenderci). I sani principi cristiani tanto esaltati come esempio di bontà e nobiltà d’animo, sono quelli che fecero stragi di ebrei ( il processo a seguito del ritrovamento del cadavere del Simonino), fecero bruciare donne come streghe fino al 1700 e che nel 1800 inoltrato obbligarono a trasferirsi una comunità protestante dalle montagne tirolesi.
Ma la stessa pretesa di “secoli di pace e di convivenza tra culture diverse” (p. 21) è ridicola, mistificatrice, dichiarazione totale di ignoranza voluta degli eventi di storia locale. Ho scritto voluta perché nel libro viene ovviamente richiamata la figura di Alcide De Gasperi, il grande statista trentino, più e più volte citato dai politici nostrani, indicato quasi come il Padre dell’autonomia. Bene De Gasperi è l’emblema di una non convivenza e di una non pace: egli stesso fini in carcere a seguito a degli scontri ad Innsbruck, quando, quelli che secondo l’autore ci volevano bene e ci rispettavano come italiani, non volevano concederci né un’università italiana né dei semplici corsi in lingua italiana.
E nel libro la trattazione continua con queste inesattezze. Fenomeni culturalmente e politicamente importanti, come il liberismo trentino ottocentesco, viene solo accennato; per non parlare della semplicità e velocità con il quale vengono trattati temi importanti del secondo dopoguerra come il terrorismo altoatesino (eh, se si vuole dipingere l’idea di un territorio della pace non si può dire che si mettevano bombe e si uccideva) o lo scontro Trento – Bolzano (i trentini amavano così tanto i sudtirolesi che tentarono in tutti i modi di allontanarli dalla gestione del potere, denotando un latente e lungo e rancore o anche uno squallido attaccamento alla poltrona).
Potrei continuare a lungo così, gli esempi di semplificazione in questo libro abbondano. C’è quasi da chiedersi il senso di perdere quasi dieci pagine a copiare lo statuto d’autonomia per spiegare le competenze e i ruoli della Provincia: quelle pagine si potevano impiegare per spiegare meglio i continui concetti mal espressi.
Per concludere, tutte queste cose danno l’idea di un libro scritto più sui sentito dire e sui luoghi comuni, che un libro scritto da uno storico abituato ad adoperare fonti di vario tipo (cosa che Baratter sa fare bene, nella sua Storia dell’Asar l’apparato bibliografico è notevole).Ripensando poi alla dedica del titolo, ai miei figli, insomma, se io dovessi spiegare una cosa a mio figlio cercherei di spiegarla nel modo più completo possibile, non in maniera lacunosa e incompleta.
GIUDIZIO:

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DATI TECNICI DEL TESTO RECENSITO

AUTORE: Lorenzo Baratter
TITOLO: L’Autonomia spiegata ai miei figli
CASA EDITRICE: Egon
N° PAGINE: 78
ANNO DI EDIZIONE:  2011

La firma contro le Comunità di Valle: una riflessione

Da qualche giorno è iniziata la raccolta firme (qui e qui), ad opera della Lega Nord, per indire il referendum per abolire le Comunità di Valle. Dopo una legge approvata nelle polemiche e nel silenzio nei confronti dei cittadini messi di fronte al fatto compiuto, dopo un anno di proteste più o meno forti di partiti, singoli politici, gruppi di cittadini o singoli cittadini, il partito più di lotta ( e contro questa legge), la Lega, è riuscita a far approvare il referendum; ora deve solo raccogliere le 8000 firme necessarie per farlo approvare.

il manifesto della Lega Nord

Subito è iniziato il tiro al bersaglio del duo UPT&PATT contro l’azione leghista. I primi insistendo sulla bontà della nuova istituzione, sul bisogno di tempo perché questa entri a pieno regime; i secondi aggiungendo anche il loro solito slogan “leghisti nemici dell’autonomia”.

Io son sempre stato contrario a questa riforma istituzionale, non mi è mai piaciuta e l’ho sempre ritenuta un carrozzone per i vari trombati dalle elezioni, oltre che un’enorme spesa inutile (qua l’articolo che scrissi, male, frettolosamente, abbozzando idee che poi ho affinato, nel periodo pre elezioni per le Comunità nel settembre 2010); per cui ho trovato estremamente naturale andare a firmare, oggi, ai banchetti della Lega Nord.
Me ne sono fregato che fosse la Lega Nord a promuovere questa riforma, quella Lega che io stesso non esito a definire anti-italiana (io che mi sento fortemente italiano), razzista (o comunque xenofoba), retrograda e ignorate; me ne sono fregato perché in questo momento è l’unico partito che si è dato da fare e che rappresenta la mia idea nei confronti di queste Comunità, l’unico che si è dato da fare per provare a cancellarle. Sarei andato a firmare al banchetto di ogni altro partito, pur di fare qualcosa contro questa riforma che trovo assurda e dispendiosa.

Io sono contrario a questi nuovi enti perché li ritengo economicamente dispendiosi, oltre che un abuso dell’autonomia. Nella mia visione autonomia non significa dopare il sistema di amministratori, di politici (in Trentino su circa 500.000 abitanti ci sono circa 6200 – per difetto – amministratori!!), ma ottimizzare e migliorare il benessere dei cittadini sfruttando le competenze che si hanno. Continuare a creare enti era una pratica diffusa nell’ex Urss, tipica di un regime che si basava sull’assegnare incarichi su incarichi ad amici e parenti per avere sempre vaste clientele e appoggi che davano potere. In una provincia come la nostra con un territorio montuoso e ricco di comuni piccoli-piccolissimi, più naturale risultava, e risulta, l’accorpamento degli stessi; accorpamento che avrebbe creato enti più forti, con più potere d’intervento sia territoriale sia economico. Questo avrebbe consentito una grandiosa razionalizzazione degli interventi, ad esempio, stradali nella provincia: non più opere spezzettate su richiesta dei comuni aspettando mamma Provincia, ma iniziative proprie dei nuovi comuni, che avendo un territorio più vasto, potrebbero progettare idee più funzionali e pratiche, con larghe visioni d’insieme. La prova di ciò che dico la si evince dai risultati delle elezioni delle Comunità di Valle: le zone più densamente popolate, la Vallagarina (37,97%) e l’ Alto Garda e Ledro (31,86%) hanno sonoramente bocciato la riforma, mentre nelle zone dei comuni piccoli e deboli l’affluenza è stata “maggiore” (sulle restanti 13 comunità solo 7 hanno superato la soglia del 50%, rimanendo, tranne per un caso, sotto il 56%): a significare che nei piccoli centri i cittadini sentono il bisogno di un cappello più grande.
Da sottolineare, infine, che l’affluenza è stata del 44,47%: una bocciatura totale! (qui un riassunto completo delle elezioni)

Ecco quindi che salta all’occhio l’opportunità di trasformare questo dato in una vera Riforma, con la R maiuscola: accorpare i comuni trentini, ora 217 (anche più del lontano periodo asburgico, tanto idealizzato da certi partiti), molti anacronistici, comuni che, nella nostra epoca della comunicazione istantanea, non servono più. E’ l’ora di abbandonare l’idea che l’autonomia significhi rendere amministratori tutti i cittadini come se diventando amministratori si partecipi al governo della cosa pubblica e al bene comune. Il dovere civico è un altro e lo si compie anche non avendo una tessere politica e non sedendo su qualche poltrona. Invece c’è in questa provincia, propagandata da qualche anno, quest’idea marcia di autonomia, che non è più autonomia in senso proprio ma “faccio io da solo, stai via”, si abbandona l’idea di cooperazione tra i cittadini e gli enti; ma la cosa più grave, è che mi sembra leggere, nelle righe di queste manovre, una precisa volontà centrale di Trento di creare enti di per sé deboli per sfiancare le resistenze alle decisioni centrali e governare con più libertà e “autoritarismo”, imbrigliando e incatenando la tanto sbandierata autonomia degli enti locali.

Il "centrosinistra autonomista": una riflessione

Il concetto di “centrosinistra-autonomista” tanto sbandierato qui in Trentino e carissimo all’attuale maggioranza provinciale è errato e fallace.

Sia a livello provinciale che a livello comunale sono PD, UPT e PATT a dividersi di volta in volta le diverse poltrone, con un attento gioco di incastri e di alleanze partitiche da far accapponare la pelle: questi stessi partiti che governano uniti in un comune si accoltellano in modo fratricida per il potere nell’amministrazione confinante. È un morboso attaccamento alla poltrona e al potere che unisce indissolubilmente la politica italica a quella trentina, nonostante quest’ultima si dichiari diversa, più “alta”.
Ma guardando a quell’alleanza (Pd, Upt, Patt) una domanda mi sovviene prepotente: come può una forza politica che si dichiara riformista e progressista, il Pd, la “sinistra”, seppur temperata dalla componente moderata dell’Upt, il “centro”, allearsi con un partito come il Patt prettamente conservatore, quantomeno reazionario a giudicare dalle “sparate” di alcuni suoi membri?

Solo poco tempo fa (primi di settembre) un esponente di spicco del Patt chiedeva su Facebook chi volesse tornare con l’Austria (link)! Per non parlare dei continui richiami nostalgici al vecchio impero asburgico, visto quasi come l’età dell’oro trentina (soprattutto il periodo precedente al Congresso di Vienna): tornare indietro di più di cento anni (link)!

Applicando la situazione trentina all’Italia, è come se, per assurdo, alle prossime elezioni politiche si formasse una coalizione composta da Pd, Udc e Lega Nord.
Tale alleanza non sarebbe osteggiata dai tesserati  ed elettori dei tre partiti come schiaffo ai valori dei partiti stessi? Non sarebbe vista come uno schifoso gioco elettorale fatto solo per vincere e riempire più poltrone?? Eppure, qui in Trentino sembra che l’incongruenza politica di siffatti schieramenti non sia poi così evidente, anzi sembra tutto normale, tutto giusto e corretto. Le poche voci che si alzano a far notare questa incongruenza vengono additate in alcuni casi come “nazionalistiche” o “’taliane”, in altri semplicemente ignorate.

Ma i problemi di tale alleanza emergono, e non posso non pormi un altro interrogativo: come possono i politici Pd conuigare l’equità, i concetti di giustizia sociale, l’attenzione per i diversi, per gli stranieri con il concetto “prima i trentini” del Patt?
Per una volta le forze politiche non potrebbero guardare ai propri valori e non barattarli per qualche poltrona?

Spese folli

L’Europa sta correndo nel vicolo oscuro della crisi economica, ora anche la moneta sembra in bilico. Così i vari governi europei stanno cercando di trovare i modi per ridurre il deficit e la spesa pubblica, con modi e metodi a volte opinabili, ma senz’altro obbligati.

Proprio in questo congiuntura, il quotidiano l’Adige con due articoli mette in risalto le enormi contraddizioni della Provincia di Trento. Crisi economica e la povertà vengono tranquillamente calpestate per “comprare e mantenere il consenso” (l’Adige). Ecco quindi che in un articolo del 26/05 si parla della relazione annuale della Caritas di Rovereto (secondo centro del Trentino e capoluogo del Vallagarina e del Trentino meridionale) che mette in luce come siano aumentati gli interventi dei volontari nel corso del 2009 rispetto all’anno precendente. Si nota quindi una situazione di disagio sociale e di povertà. Infatti nel corso dell’ultimi due anni a Rovereto, molte industrie han dovuto operare la cassa integrazione di parte dei lavoratori e, in estremi casi, ricorrere al licenziamento.

Quattro giorni prima era comparso, invece, un articolo che enunciava la spesa della Provincia per le celebrazioni in memoria di Andreas Hofer: 381.912 euro. Non per fare demagocia spicciola, ma in un periodo di così tremenda situazione per molte famiglie, la politica, anzi, certi schieramenti politici trentini, pensano solo ad aumentare il proprio consenso. Mi riferisco direttamente al Patt, visto che lo sperpero di denaro pubblico è stato attuato dell’assesore alla cultura Panizza, che fa capo al Patt. Questa è quindi la situazione nella nostra terra, dove partiti senza un fondamento storico cercano di crearselo spendendo e spandendo soldi a destra e a manca, fregandosene dei cittadini che fanno la fame.