Nei suoi Six Memos for the Next Millennium Calvino vi inseriva l’esattezza, e non ha torto; “è l’unica tra le sei il cui contrario non è mai lodevole”(1).
Quanto ci arrabbiamo o indigniamo quando i treni non sono in orario o quando ci vengono inviate le bollette sbagliate ( con incredibili rincari)?
Nei discorsi politici questa splendida qualità, l’esattezza appunto, viene tranquillamente violentata da ogni parte, anzi quando una parte spara la sua presunta verità l’altra di rimando spara la sua, con in mezzo la povera esattezza: è un po’ come sparare sulla croce rossa.
Ed è in questo ambito che la mia piccola riflessione vuole andare a parare, ovvero sull’abuso del termine comunismo nel lessico politico e, quindi, di riflesso, in quello comune, quotidiano.
Volgarmente ormai comunismo va a riferirsi a quel sistema sovietico (l’ex URSS) e poi a tutti gli altri regimi popolari dell’Europa Orientale (Polonia, Ungheria, Romania, …), Cina e il sud-est asiatico e Cuba.
È innegabile che il comunismo fu posto come obbiettivo in quei Paesi, ma non vi fu mai raggiunto ( a tal proposito basta rileggersi i discorsi brezneviani o la costituzione sovietica) si raggiunse dichiaratamente lo stadio di socialismo reale, che è tutt’altra cosa. Ma le forze politiche di ciò se ne fregano e indicano tutto sotto il nome di comunismo.
Nel suo compimento il comunismo deve necessariamente portare ad un determinato scopo/obbiettivo: la società comunitaria, dove non ci sono distinzioni di classe, senza padroni né servi, dove tutti lavorano per il bene di tutti senza un obbiettivo di lucro.
Questo non è mai stato ottenuto negli Stati che ho elencato; certo tutti avevano una “ciotola di riso” ma servi e padroni esistevano ancora e moltissimi erano quelli che lavoravano per lucro ( inteso sia come arricchimento enorme, sia come la sfrenata ricerca di accumulo di potere).
Né il comunismo per nascere e svilupparsi deve necessariamente compiere assassinii e stragi, quelle furono deviazioni dittatoriali di menti malate e perverse.
Ora invece si evoca sempre il comunismo spacciandolo per quei massacri, ma questo è profondamente sbagliato: sarebbe come riferirsi al cristianesimo per indicare sempre e solo gli orrori dell’Inquisizione, e ciò è errato.
(1) Claudio Giunta, Le “Lezioni americane” di Calvino 25 anni dopo: una pietra sopra?, in Belfagor, LXV 6 (novembre 2010), p. 649.