#RECENSIONE // Corni – Popoli in movimento

Gustavo Corni

POPOLI IN MOVIMENTO


Questo interessante saggio ripercorre sinteticamente alcuni dei più drammatici e traumatici spostamenti e migrazioni forzate durante i martoriati, e maledetti, quarant’anni che vanno dalla prima guerra mondiale alla fine della seconda (1914 – 1950 ca); il tutto però, senza dimenticarsi di dare un occhio alle migrazioni odierne, anche queste col loro carico enorme di sofferenze, anche loro col loro triste carico di violenze etnico-razziali ( come non ricordare i massacri fra Hutu e Tutsi in Ruanda nel 1994).
I primi capitoli sono dedicati alla situazione del Mediterraneo orientale, cioè ai rapporti tra l’Impero ottomano e le minoranze non turche al proprio interno e ai rapporti con la Grecia. Corni si sofferma su una delle prime pagine nere del Novecento, quello che parrebbe il genocidio del popolo armeno perpetrato dai Turchi ottomani all’indomani dell’entrata, a fianco degli Imperi centrali, nella Prima guerra mondiale. Con quelle che saranno poi le “solite scuse” i Turchi mettono in atto un vero e proprio programma di annientamento etnico contro una popolazione colpevole sostanzialmente di non essere turca e di aiutare il nemico esterno o chissà che altro. Subito dopo rimane sempre in quella zona geografica per guardare al conflitto greco-turco scoppiato immediatamente dopo la fine della Grande guerra: questo e tanti altri furono gli strascichi alla fine del primo conflitto globale.
La guerra greco – turca scoppiò per l’ardente desiderio greco di riunire in un unico stato tutti i territori abitati da una popolazione di lingua greca, per cui anche le antichissime città dell’Asia Minore dovevano, in quest’idea, unirsi alla madre patria. La guerra ebbe fasi alterne e terminò con la sconfitta greca. Si attuò così un enorme spostamento di popolazioni con i greci che abitavano in territori turchi che si trasferirono in Grecia e viceversa per i turchi che abitavano in territori greci. Persone che avevano abitato per secoli in quelle zone dovettero da un giorno all’altro spostarsi velocemente tra le violenze del gruppo etnico opposto e la più totale diffidenza di quello che doveva essere il gruppo etnico affine.
Una piccola riflessione viene poi svolta riguardo le politiche verso le minoranza in Unione sovietica attuate da Stalin. Egli mal vedeva le minoranze situate ai confini del grande impero sovietico e con la scusa della lotta di classe ( operai contro contadini) fiaccò le popolazioni prima ucraine poi cecene e tatare deportandole quasi interamente; solo decenni dopo, con la morte del feroce dittatore, queste poterono tornare nei loro luoghi d’origine ormai “occupati” da altri, creando così nuovi e tragici conflitti psicologici e fisici.
Sullo sfondo di questa prima parte Corni lascia comparire le parole sull’autodeterminazione dei popoli di Woodrow Wilson, il presidente statunitense idealista e pragmatico, espresse nei suoi famosi 14 punti all’alba dell’ingresso degli Stati Uniti nel primo conflitto, ma mai pienamente applicate. La pragmaticità ebbe la meglio sull’idealità e sulla giustizia: tanto per far due esempi italiani, per poter compensare l’affidamento dell’Istria e di Fiume al neonato Regno degli Slavi del Sud, si diede all’Italia l’Alto Adige-Sud Tirolo; così mentre popolazioni italiane finivano sotto gli slavi, persone tedescofone finivano sotto l’Italia. Cosa questo ha poi portato è bene noto, con la famosa propaganda legata alla vittoria mutilata, l’impresa fiumana di D’Annunzio e infine le politiche fasciste.
Ma è con la corposa seconda parte che Corni analizza a fondo il problema degli spostamenti forzati come metodo per realizzare il desiderio di creare una nazione omogenea dal punto di vista etnico. È appunto con l’avvento di Hitler che in Germania abbiamo un più lucido (anche se forse non così lucido, come poi avrà modo di spiegare Corni) e sistematico progetto di colonizzazione; l’idea dello “spazio vitale” del Lebensraum, la razza tedesca da ricercare nei territori limitrofi. Questa ricerca del sangue tedesco avrà alla fine quasi aspetti grotteschi con la creazione di classi di persone basate sulla percentuale di “arianità” nel sangue e su quanto hanno vissuto in ambienti “sporchi” a contatto con popolazioni viste come “inferiori”, quali polacchi e slavi dell’est.
Il libro è interessante perché analizza sistematicamente un aspetto relativamente nuovo della ricerca storica, poco letto e conosciuto dal pubblico dei fruitori della storia, ma anche dal grande pubblico. Non per nulla studi di questo genere per decenni, purtroppo, son rimasti in mano a estremisti, con il risultato di una memoria ricostruita parzialmente e male. E questo è un grave peccato, perché i tremendi traumi che hanno subito milioni di persone a causa di queste politiche deliranti hanno bisogno di essere ricordati e trasmessi ai posteri ma anche ai contemporanei, in modo da poter comprendere meglio quali traumi subiscono le migliaia di persone che quasi quotidianamente sbarcano sulle coste europee in cerca di speranza e un futuro migliore, ma anche per evitare di cadere in rovinose politiche nazionalistiche sul sangue degli altri e, finalmente, rendere una giusta opera di memoria a tutti quelli che hanno sofferto.
GIUDIZIO:

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DATI TECNICI DEL TESTO RECENSITO
AUTORE: Gustavo Corni
TITOLO:  Popoli in movimento
CASA EDITRICE: Sellerio
N° PAGINE: 196
ANNO DI EDIZIONE: 2009