POPOLI IN MOVIMENTO

****
AUTORE: Gustavo Corni
TITOLO: Popoli in movimento
CASA EDITRICE: Sellerio
N° PAGINE: 196
ANNO DI EDIZIONE: 2009
San Martino del Carso
(di Giuseppe Ungaretti)
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato
Ogni tanto il lavoro dello storico ci mette davanti a strani casi, anche comici alle volte. Ed è quello che è capitato a me oggi pomeriggio, mentre stavo studiando alcune carte conservate nell’Archivio Storico del Comune di Roverto, per il tirocinio universitario.
In una cartella contenente documentazione riguardante i prestiti di guerra (siamo nel 1914, prima guerra mondiale quindi), mi sono imbattuto in quattro volantini/manifesti da appendere per le strade, conservati in tre colori diversi. Fin qui nulla di strano. Si tratta di un appello alla popolazione trentina “per i nostri soldati in campo“, firmata dalle maggiori personalità dell’epoca, il vescovo Endrici, alcuni deputati, il podestà di Trento Zippel, il podestà di Rovereto Malfatti, e altri, per un totale di quindici personalità.
La cosa strana però, è che i tre colori conservati, erano il verde, il bianco e il rosso: i colori del tricolore italiano. Non appena me li son trovati davanti mi son messo a ridere. In piena prima guerra mondiale, con i propri soldati al fronte, i manifesti per raccogliere denaro, alimenti, vestiario e quant’altro che servisse ai propri compagni al fronte erano stati affissi con i colori del tricolore italiano, in un periodo in cui i rapporti di buon vicinato erano sostanzialmente rotti.
Ora, cercando di non commentare con una retorica faziosamente nazionalista, dubito fortemente che i manifesti siano stati affissi per le strade con la sequenza classica del tricolore italiano (verde, bianco, rosso) anche perchè Rovereto era piena di caserme e quindi di soldati austriaci (e due di queste caserme erano sulla via per diventare prigioni per prigionieri russi). Dubito altresì che si siano messi a stampare voltantini in molteplici colori. Sono propenso a credere che i volantini conservati siano effettivamente quelli stampati (nel senso dei colori), anche per la evidente calamiticità di quei colori all’occhio umano: una macchia verde o rossa o bianca su un muro la noti. Penso anche che motivazioni irredentiste siano poco probabili (nonostante la larga presenza, tra i firmatari, di personalità legate all’autonomismo trentino – che per l’epoca voleva dire staccarsi da Innsbruck come provincia autonoma) appunto per la larga presenza militare in città (infatti non so se negli altri centri provinciali siano ancora conservati questi documenti, ne, nel caso, i loro colori).
Può anche essere che, a guerra finita, passati all’Italia, qualche funzionario abbia deciso di ingraziarsi le nuove autorità gettando i manifesti di diverso colore dal tricolore; ma di ciò dubito fortemente. La mole di materiale conservato non consentiva di certo di andare a sfogliare gli archivi alla ricerca di volantini di colore non patriottico, ne poi, hanno tutto questo valore da dover per forza lasciare un tricolore nella cartella.
Lascio la fotografia dei manifesti (è stata scattata col mio cellulare, per cui scusate la qualità non ottimale)
FRATELLI
Mariano 15 luglio 1916Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nataNell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
Era il 15 luglio di 94 anni fa, quando Giuseppe Ungaretti compose questa poesia durante la sua forte esperienza della prima guerra mondiale.
“Fratelli” urla Ungaretti, in un vocabolo così forte, stretto all’uomo, simbologia di uno dei legami più forti, legame di sangue e non solo, ecco in questo vocabolo il poeta-combattente riversa tutta la crudeltà della guerra. Crudeltà certo, perché i propri compagni di compagnia divengono come fratelli, è la cosiddetta “comunità di trincea” persone che si legano al loro caporale o diretto superiore e fra loro, con legami fortissimi, ognuno mette la propria vita nelle mani del compagno; divengono così una nuova famiglia allargata: si condivide tutto, cibo, sonno, vesti, dolori, vittorie, sconfitte, morte.
Involontariamente Ungaretti anticipa così gli studiosi successivi, descrivendo con i suoi testi il mondo della trincea in modo forte e vivido, senza evidenti censure. E così arriva a noi questo testo in tutta la sua dirompente realtà, sofferente ma speranzosa, perché gli uomini nonostante la violenta distruzione in cui si ritrovano, trovano il modo di allacciare legami forti e vivi: non sono macchine.
Ma, aprendo una breve parentesi storica, questi giorni sono importanti sopratutto per noi trentini; esattamente il 12 luglio dello stesso anno della poesia di Ungaretti (per cui soli tre giorni prima), nel cortile interno del Castello del Buonconsiglio in Trento (ora chiamato Fossa dei Martiri) i patrioti Cesare Battisti e Fabio Filzi vennero impiccati per alto tradimento da parte delle forze austroungariche, dopo esser stati catturati due giorni prima duranti alcuni scontri militari sul Monte Corno, che assunse poi il nome di Monte Corno Battisti, nel massiccio del Pasubio.
Enormi sono le controversie che tutt’ora nascono attorno a queste figure, sopratutto il Battisti, ma non voglio, oggi, fare polemica contro chi, affamato di soldi, dichiara di non sentirsi italiano (ma vattene allora), ma voglio solo ricordare due fra i molti, Italiani che vanno ricordati e a cui va portato immenso rispetto e ricordo perpetuo.